Amo moltissimo i clienti esigenti, quelli pignoli e difficili da soddisfare, sono spesso un vero tormento, ti guastano la giornata, ma finiscono sempre col rivelarsi una strada sicura per arrivare a risultati eccellenti, ti ci portano, anche tuo malgrado.

Quasi tutti hanno una notevole conoscenza della tecnica fotografica, cosa che apprezzo moltissimo, sanno quello che vogliono, molte foto se le fanno da sé, quelle più semplici, e chiamano te quando finalmente hanno il problemaccio, quello veramente difficile da risolvere, in fin dei conti sei lì per quello.

Questa foto racconta bene. Il committente è CPL CONCORDIA- COOPGAS, un gigante nella gestione del metano in Italia ed all’estero, ditta enorme, quasi un ministero, con tanti dipendenti che ho sempre frequentato con stima motivata. In quei tempi avevano il responsabile interno per la fotografia aziendale, ottimo fotografo con un sacco di belle referenze, la mia interfaccia con l’azienda.

Mi chiama, mi mostra il layout, dobbiamo fare questa foto per una campagna di comunicazione, e la devi fare tu, sei più attrezzato ed hai esperienza, io ti dico esattamente cosa voglio, tu lo fai.

L’idea è bella, mi piace, ma realizzarla non è per niente semplice, difficile ma si può fare, affrontiamola per gradi.

Dove? abbiamo un bel giardino aziendale, usiamo quello. Modelli? personale aziendale, tutti già scelti, approvati, consenzienti e disponibili, liberatorie comprese. Abbigliamento? già pronte le maglie, la sequenza dei colori, e la disposizione, un alternarsi di donna-uomo-donna-uomo, e via così. Mood? Energia pulita, ecologia, risparmio, benessere, serenità, meditazione, pace, green economy e qualità della vita.

Ok, fino a qui ci siamo, ma la tecnica? Voglio tutti a fuoco, dove serve poi sfuochiamo noi a computer; deve essere un controluce, dalle 17,00 abbiamo il sole proprio in faccia, un po’ basso sull’orizzonte, dobbiamo coglierla quella luce, ma davanti voglio una schiarita, e naturalmente non ci devono essere dei mossi anche se la luce va calando.

Bello questo pacchetto di problemi, l’adrenalina comincia a lavorare: vediamo di sbrogliare la matassa.

Messa a fuoco : l’obiettivo è un medio-lungo, non posso chiudere il diaframma come vorrei, se no i tempi si allungano e la gente si muove, per cui mi adatto ad un diaframma non estremo ( 11 o 8 o 5,6 quest’ultimo con grande patema d’animo) e mi obbligo a valutare bene bene l’iperfocale, quella scala doppia sull’obiettivo che mi dice il range di distanze che metto a fuoco con un determinato diaframma, contando molto sull’assenza di elementi in primissimo piano. L’esperienza fatta per anni soffrendo con le macchine grosse, quelle a banco ottico, quelle, per intenderci, col panno nero in testa, stavolta fa comodo, eccome!

Poi c’è la luce. Devo schiarire, molto, e servono dei flash, non uno, ma almeno tre, con parabole che distribuiscono la luce, o la concentrano a spot se serve spararla più lontano. I flash non possono essere i portatili a batteria da shooting di moda, mi serve della potenza, e parecchia. Ho portato 6000 watt di generatori, bene, ma siamo nel giardino, laggiù dopo il piazzale, per cui le prolunghe sono chilometriche, ma tutto funziona, inciampo risolto con un po’ di fortuna, vero, ma di cavi ne avevamo portati a volontà, meglio prevenire. Il problema sembra risolto, ma in realtà non lo è ancora: a quell’ora la luce del sole cambia in fretta, ed ogni quarto d’ora devi regolare e testare le tue luci di schiarita se no diventano troppo invadenti con sorprese spiacevoli e non volute, atmosfere lugubri o da réportage giornalistico di cronaca nera.

Siamo quasi pronti allo scatto, ma resta un piccolo particolare: per fare questa inquadratura prendiamo anche il recinto là in fondo, la strada, le macchine… no problem, non ti preoccupare, ci pensa la nostra postproduzione. Se la fanno loro, che bello, è quasi più complessa e sicuramente più lunga, e costosa, della rirpesa!

A questo punto cominciamo, dopo tre ore di preparazione. La foto è  solo una, ma gli scatti sono tanti, non è facile cogliere di otto persone l’espressione che vogliamo, ma alla fine sono sicuro, in questo li ho beccàti tutti, se non mi ascoltano li prendo per stanchezza.

Ultima piccola spina fotografica che mi tolgo: l’obiettivo è decisamente super, ma se lo maltratti così a colpi di sole in faccia ti regala un bel po’ di flare, quei graziosi riflessi colorati allineati tutti in fila, li elimino? No, assolutamente, li vuole, e devo badare a conservarli, mai successo prima.

Fine della storia, mi faccio pagare quattro ore di lavoro, da artigiano che ha lavorato bene e con attrezzatura costosa. La creatività? quella è sua, e come tale va rispettata, non ne prendo i meriti!

Ho conosciuto  quello che tutto il mondo definisce "il mito, la leggenda", il Designer della Miura, della Countach, della Marzal, della Mistral, della Lancia Stratos, e di tante altre, a casa sua; effettivamente c'era da sentirsi in preda ad un imbarazzo reverenziale. Di fronte a personaggi così di solito ci si aspetta anche un atteggiamento altezzoso, un po' scostante e pieno di sè, invece è riuscito a stupirmi. Era programmata come un'intervista, ma si è rivelata una bella chiacchierata, rilassata e direi quasi amichevole. Grazie anche alla sensibilità, cultura specifica ed intelligenza dell'intervistatrice, Daniela Borrini, che stava preparando il suo articolo        https://www.internationalclassic.com/marcello-gandini-designer-del-futuro-capitolo-1/

Io me la sono goduta come spettatore, ho potuto fare in pace tutte le foto che volevo, ed ho scoperto un mondo di interessi comuni con questa  persona inaspettatamente gentile, comunicativa e disponibile. Così tra una chiacchiera e l'altra ci siamo raccontati il  comune corso di duri studi, gli stessi interessi umanistici, il modo uguale di ascoltare musica e silenzi, la passione per le camminate in montagna, l'amore per la vecchia Moto Guzzi V7 ( io con la Special, lui con la Sport, preparata da un fenomeno dei motori, Lino Tonti, quello della LINTO, non so se mi spiego...). Abbiamo fumato insieme, ma più che un vizio sembrava il fumo cerimoniale degli Indiani d'America, quello che suggellava le amicizie, così, semplicemente, seduti per terra in una tenda.

Sarò un visionario, ma la magia del posto e del momento era lì, davanti a noi.

Di tutte le foto che gli ho fatto questa è la mia preferita. Mi piace proprio. Come lui, mi fa venire in mente il carpino, o il frassino.